Comunità parrocchiale costituitasi nel 1954 nel quartiere fiorentino
dell'Isolotto, al tempo della costruzione dei primi alloggi dell'INA-Casa,
destinati ad accogliere una popolazione di sradicati di varia provenienza:
immigrati, profughi, inurbati dalle campagne toscane. Venne alla ribalta della
cronaca nel 1969-70, quale fenomeno di contestazione sociale e morale. Fu
inviato a costituire la parrocchia don Enzo Mazzi, che da tempo era andato
maturando l'esigenza di vivere un'esperienza sacerdotale "più vicina al
modello evangelico". Don Mazzi iniziò un'attività sociale di tipo
comunitario, sostanziata da un forte impegno civile. Per lui parrocchia
significava ritrovarsi per stare insieme e discutere su tutto, con tutti, senza
egemonia da parte del parroco, senza distinzioni aprioristiche tra preti e
laici, tra credenti e non credenti. Il punto di partenza fu la scoperta del
Vangelo come messaggio per i poveri e come invito alla solidarietà e alla
fratellanza. Pertanto, fu stabilita come prima regola la gratuità dei
servizi religiosi e l'abolizione di ogni tipo di amministrazione all'interno
della parrocchia. Venne portata avanti un'attività esterna volta a dotare
il quartiere delle strutture sociali di base. L'attività liturgica fu
ridotta agli atti sacramentali, escludendo tutte le pratiche devozionistiche non
liturgiche. Nel 1958, in seguito ai licenziamenti e scioperi alla Galileo, la
chiesa divenne un centro organizzativo per gli operai in lotta: una
parrocchia-comunità, intesa non come centro-missionario ma come punto di
convergenza, aperto a tutti. Così, ogni domenica, dopo la messa, la
chiesa cominciò a trasformarsi in un luogo di incontro e di discussione.
Nel 1968 i partecipanti decisero di esprimere la loro solidarietà agli
occupanti del duomo di Parma. L'arcivescovo di Firenze invitò don Mazzi a
sconfessare pubblicamente il suo gesto e ad abbandonare l'ufficio di parroco e
vietò l'adozione in tutta l'arcidiocesi del Catechismo della
comunità
Incontro a Gesù. La tensione si accrebbe sino ad
arrivare alla denuncia (1969) da parte del procuratore della Repubblica di
Firenze di undici laici della comunità e di cinque sacerdoti, per i reati
di "istigazione a delinquere", "turpiloquio", "turbamento di funzioni religiose
del culto cattolico". Ma la
C. dell'I. ha continuato a sopravvivere,
decisa a proseguire un'esperienza volta a mettere la Chiesa "dalla parte dei
più poveri, degli oppressi, dei rifiutati.